PSICHE 2000 ASSOCIAZIONE

Per la promozione del benessere interiore

La Disinformazione

La disinformazione e la deformazione psichiatrica italiana

Perché nessuno è stato penalizzato per tutte le inadempienze e le sofferenze prodotte nei confronti dei pazienti e dei familiari?

 

Storia, legislazione….

Per comprendere l’attuale situazione della psichiatria italiana riteniamo indispensabile, non solo fare qualche passo indietro nel tempo per conoscere com’era organizzata la psichiatria prima della 180, cioè prima del 1978, ma soprattutto avere il coraggio di togliere il troppo e il vano alle polemiche che si sono stratificate nel tempo in ordine al grave problema "Malattia mentale", facendo emergere i problemi drammatici che la legge 180 intendeva risolvere, ma che di fatto non ha affrontato.

L’attività e le iniziative della Psiche 2000 intendono contribuire a risolvere tali problemi anche migliorando il testo della legislazione per sopperire a quelle carenze che, insieme ad altre responsabilità nazionali e regionali, hanno contribuito a determinare una situazione che ha minato l’indiscutibile validità dei principi fortemente innovatori della riforma.

Certamente tutto questo richiede un atteggiamento di equilibrio tra le esigenze pratiche-quotidiane dei malati e quelle di natura culturale, scientifica e di politica socio-sanitaria.

Per quanto riguarda la storia della psichiatria, tralasciamo il mondo antico, il Medio Evo con l'immagine di demonizzazione o di sacralizzazione del malato di mente, per arrivare ai primi dell'Ottocento all'inizio dell'industrializzazione nelnostro Paese, all'organizzazione delle prime associazioni operaie di mutuo soccorso fino alle grandi riforme Giolitti dei primi del Novecento. In tutto questo periodo l'assistenza psichiatrica, comunque, era considerata un intervento dì tipo assistenziale, custodialistico e caratterizzato dal non diritto, dalla precarietà e dalla discrezionalità. Riferendoci al periodo giolittiano ricordiamo la legge n. 36 del 1904 con il successivo regolamento del 1909: legge che rimane in vigore fino al 1978, che dà origine al manicomio come grande organizzazione di controllo sociale e di eliminazione del paziente mentale dall'assetto sociale, paziente mentale, definito "alienato" intendendo con questo termine un alieno, un estraneo.

Non crediamo sia il caso di sottolineare la terribile realtà dei manicomi dove il ricovero, quasi sempre di origine coatta, era gestito dalla pubblica sicurezza, dove la diagnosi era trasformata in sentenza dal Tribunale e prevedeva determinati limitazioni della libertà del cittadino.

Alla fine degli anni '60, furono varate nel Paese leggi di riforma sull'onda soprattutto di moti popolari. Ricordiamo la legge 132 del '68 che riorganizzava la rete ospedaliera dell'intero Paese, ricordiamo altresì, fatto che non sempre viene citato, la legge n. 431 del 1968la quale legge tendeva a dare al manicomio un minimo di organizzazione strutturale e un minimo di organico. Questa legge fra l'altro prevedeva che il massimo di pazienti ospitato in ciascun manicomio era di 625 e questo fatto portò alle grandi "traduzioni" di massa di pazienti.

Negli anni '70 viene approvata la legge 180 che anticipa di qualche mese la 833, queste leggi si orientano all'attuazione del dettato costituzionale che prevede il diritto allo stato di salute sancito dall'art. 32 della Costituzione e che sancisce la chiusura degli ospedali psichiatrici. La legge 180 fu trasferita quasi per intero nella legge che istituiva il servizio sanitario nazionale, la n. 833.

Il diritto alla salute diventa un obiettivo fondamentale, gli interventi vengono definiti come prevenzione, terapia e recupero, rivolti al cittadino non in quanto lavoratore, ma in quanto individuo e cittadino della Repubblica.

L’esser riusciti a liberare il Paese dall’esperienza manicomiale costituisce da vent’anni il nodo del dibattito svoltosi nel nostro Paese e, come accade nel fervore di un dibattito ideologico, può darsi che l’ideologia invade lo spazio proprio della legislazione; la quale deve essere sempre aperta ai problemi che intende risolvere e capace di leggere, nel caso della malattia mentale, la realtà che coinvolge i malati e le famiglie afflitte da un dramma così devastante, al di là di pregiudiziali ideologiche.

Questo non nega gli indiscutibili meriti della 180 e conseguentemente della 833 per quanto attiene alla psichiatria che possono essere così riassunti:

  • Superamento della teoria secondo la quale la malattia mentale era da considerarsi congenita e inguaribile, convincimento di potere e quindi di dovere intervenire sia sul versante medico che su quello sociale. Il malato mentale viene considerato, finalmente, una persona e non più un soggetto pericoloso per sé e gli altri.
  • L 'intervento sul malato mentale diventa un diritto per il cittadino.
  • L'intervento si articola nella prevenzione, nella terapia e recupero

 

  • Viene definitivamente previsto lo smantellato dell'istituto del manicomio.
  • Viene incentivata la psichiatria territoriale.
  • Inserimento della psichiatria nella sanità.

Purtroppo molti di questi meriti teorici sono rimasti a livello di "intenzioni".

Sono comunque evidenti le inadempienze o meglio le lacune e le inadeguatezze della 180 e successivamente della 833. Al di la di ogni ideologia, occorre affrontare i nodi fondamentali del problema: la cronicità e la non consapevolezza della malattia. La cronicizzazione della malattia mentale non è soltanto un prodotto della logica manicomiale, pazienti che non hanno conosciuto l’internamento psichiatrico sono arrivati comunque a cronicizzare la malattia stessa, come del resto avviene per moltissime altre malattie. Per queste situazioni, l’organizzazione psichiatrica non fornisce abitualmente nessuna risposta; così come una mancata prevenzione e un tardivo intervento tende a rendere sempre più grave il problema.

In particolare, possiamo poi evidenziare che la 180:

  • Rimane una legge-quadro che non prevede normative e finanziamenti; la distribuzione della spesa sanitaria nazionale, fa sì che la salute mentale è l’ultimo dei servizi sui quali si spende,.
  • Le Regioni hanno operato in modo non coordinato e quindi hanno creato spesso disservizi e hanno incrementato la differenza fra nord e sud del Paese.
  • Lo Stato è stato assente nei controlli.
  • Viene esasperato il concetto di psichiatria territoriale, per cui al paziente non si chiede come "come stai" ma "dove stai".
  • L'assistenza al paziente si è burocratizzata.
  • Non si è prevista un 'integrazione psichiatria - servizi sociali.
  • E' assente la formazione per cui i giovani operatori psichiatrici spesso non conoscono a fondo l'intervento sia extra ospedaliero che ospedaliero.
  • Non sono state previste nuove figure professionali, indispensabili soprattutto nelle attività di riabilitazione.
  • Manca la definizione per tipologie e la realizzazione delle strutture intermedie indispensabili per la nuova e la vecchia cronicità e soprattutto per una riabilitazione.
  • Per l'inadeguatezza delle strutture pubbliche i pazienti sono stati abbandonati alle famiglie e le stesse hanno dovuto prendersi a carico l'enorme 'impegno dell'assistenza a tempi lunghi.
  • Esiste il problema del relativo al trattamento sanitario obbligatorio che non è espletato ancora con modalità di garanzia per il cittadino e soprattutto con interventi risolutori per la patologia acuta. Il TSO non è solo un problema psichiatrico-medico ma riguarda anche il giurista, è necessario trovare un equilibrio tra la libertà del singolo, la responsabilità sociale e il problema della malattia nel momento della crisi acuta.
  • La legge non ha previsto un intervento organico per il paziente cronico.
  • Sono stati abbandonati a se stessi gli ospedali psichiatrici con gravi conseguenze per i malati rimasti e soprattutto non è stata rivendicata alla psichiatria il patrimonio di questi ultimi.
  • Vent’anni dopo le leggi finanziarie degli ultimi Governi, hanno dovuto ribadire la chiusura dei manicomi.
  • Non si è tenuto conto che l’ospedale civile al quale viene assegnato l'onere del ricovero psichiatrico non è stato spesso capace di rispondere alle esigenze del ricoverato psichiatrico che non ha bisogno solo di "posti letto", ma anche di un ambiente vivibile, dove il trascorrere del tempo non sia più alienante della stessa malattia.
  • Da ricordare la permanenza in attività degli ospedali psichiatrici giudiziari che, dipendendo dal Ministero di Grazia e Giustizia, non sono stati coinvolti dalla riforma e che costituiscono spesso il rifugio "obbligato" di pazienti psichiatrici che commettono piccoli reati e vengono inviati in queste strutture per tempi orrendamente lunghi.

Alla luce di quanto sopra, pur non negando ancora una volta l’enorme merito e i principi ispiratori della 180, noi familiari crediamo che non sia più rinviabile una modifica ed integrazione della legge stessa , perché una legge che ha evidenziato tali lacune e che, nel suo funzionamento , nella maggior parte dei casi, dopo brevi trattamenti restituisce il paziente alla famiglia, quando c’è, è una legge che va migliorata. A nostro avviso, attraverso norme aventi forza di legge, è necessario:

  • indicare con precisione i servizi e le strutture e definire gli standard minimi;
  • penalizzare gli amministratori pubblici che non applicano quanto previsto;
  • monitorare le necessità ed i bisogni per una corretta programmazione;
  • affrontare con realismo il problema dei malati gravi che rifiutano le cure;
  • definire le responsabilità degli operatori.

 

Dopo 21 anni la 180(833) è l’unica legge al mondo che non si può integrare e migliorare?

Ancora oggi, diversi psichiatri e politici affermano che le leggi 180/833 erano perfette: prevedevano tutto, bastava solo applicarle. Sono oltre 20 anni che ascoltiamo quest’ingannevole affermazione !!

Dietro l'angolo non c'era solo la vera o presunta difesa del malato, esistevano e permangono molteplici interessi ben celati: potere, ideologia, posti da conquistare, cliniche private e tanti farmaci da distribuire.

La storia non è quella raccontata da certi giornalisti disinformati e tantomeno da certi psichiatri ben contenti di non avere responsabilità:

la sofferenza reale è quella vissuta da pazienti e familiari "in lotta" contro servizi psichiatrici pubblici precari, inefficienti o inesistenti, in una sofferenza terribile che si protrae per anni.

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